03 luglio 2020
 

Contratti sportivi con atleti dilettanti e professionisti e conseguenze sui contratti di sponsorizzazione

Siamo giunti al penultimo approfondimento dedicato all’impatto che il Coronavirus ha avuto nei confronti del mondo dello sport. Al momento in cui scrivo quasi tutte le principali competizioni delle diverse discipline sportive sono state annullate dalle Federazioni nazionali e internazionali, ivi compresi i Campionati Europei di calcio e le Olimpiadi di Tokyo per citarne alcuni tra i più importanti, fatta eccezione invece per il campionato di calcio di Serie A che è ripreso da qualche giorno con le modalità a tutti note.
Sono quindi facilmente immaginabili le conseguenze, anche di carattere economico, che tale impatto ha avuto nei confronti delle società sportive non solo in relazione ai mancati incassi dei biglietti delle manifestazioni sportive, ed ai rimborsi di quelle annullate, ma con particolare riferimento ai rapporti di  lavoro e sponsorizzazione, tenendo conto delle diverse tipologie di prestazione che possono essere previste nei singoli diversi contratti.
Ed invero la gran parte degli sportivi sottoscrive con le società dei contratti di collaborazione sportiva che riguardano in Italia oltre 120.000 lavoratori.
La gran parte dei collaboratori dello sport, infatti, sono lavoratori autonomi occasionali. Il loro regime contrattuale è, quindi, disciplinato dall'art. 2222 c.c. che definisce come lavoratore autonomo occasionale quel soggetto che si obbliga a compiere un'opera, o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione.
I caratteri peculiari, pertanto, sarebbero: l'assenza di coordinamento con l'attività del datore di lavoro; il mancato inserimento nell'organizzazione aziendale; l'episodicità della prestazione lavorativa e, infine, la completa autonomia del lavoratore circa i modi e i tempi dell'attività.
La grande indipendenza dei lavoratori in esame ha, altresì, comportato una diversa incidenza delle limitazioni previste per il contenimento del Covid -19 sulla contrattualistica di settore.
Invero, alcune attività professionali sono strettamente vincolate a una presenza costante presso gli impianti sportivi o, comunque, necessitano di contatti interpersonali. È questo il caso, ad esempio, dei responsabili di sala attrezzi, dei supervisori dei campi sportivi o dei vigilanti alla balneazione.
Per queste figure non è stato, pertanto, pensabile una prestazione a distanza ed è apparsa configurabile, ai sensi dell'articolo 1256, comma 2, c.c., una temporanea impossibilità all'espletamento dell'attività lavorativa che ha esonerato/ esonererà l'obbligato dal ritardo nell'adempimento finchè, la stessa, è durata / perdurerà.
Per altre professionalità, invece, il distanziamento sociale ha comunque consentito lo svolgimento dell'attività lavorativa sia pur attraverso l'utilizzo di piattaforme on-line o altri sistemi di comunicazione da remoto. E' il caso, ad esempio, degli allenatori e dei responsabili tecnici.
In tali ipotesi, è difficile eccepire un'impossibilità totale, seppur temporanea, della prestazione, e ciò anche alla luce del D.L. 18/2020 che incentiva il c.d. smart working.
L'utilizzo di piattaforme digitali per la gestione ed il monitoraggio degli allenamenti o lo svolgimento di corsi on-line, infatti, comportano una tracciabilità delle prestazioni che ne dimostra l'adempimento anche se in modalità differenti.
Diverso il quadro normativo riguardante il lavoro sportivo professionistico – che trova la sua essenziale disciplina nella legge 23 marzo 1981, n. 91 – anche con riguardo alla applicabilità dell’art. 1467 c.c., in tema di risoluzione per eccessiva onerosità.
 
In merito alla natura del rapporto di lavoro instaurato tra la società sportiva e l’atleta, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3, comma 1, della legge n. 91/1981, la prestazione lavorativa resa dallo sportivo professionista a titolo oneroso costituisce l’oggetto del contratto di lavoro subordinato, disciplinato anche in base alla normativa predisposta dalle Federazioni. La validità del contratto di lavoro sportivo professionistico è necessariamente connessa alla sussistenza di tutti i requisiti formali e sostanziali, resi obbligatori dalla legge n. 91/1981.
 
Secondo quanto specificato dall’art. 4, comma 1, della predetta legge, il rapporto di lavoro sportivo professionistico, di natura subordinata, deve costituirsi necessariamente attraverso l’assunzione diretta e con la preventiva sottoscrizione, a pena di nullità, di un apposito contratto in forma scritta, tra lo sportivo e la società che si appresta a riceverne le prestazioni sportive. Il contratto individuale deve essere redatto secondo il “contratto tipo” che risulta essere stato predisposto in conformità degli Accordi collettivi stipulati dalle Federazioni e dai rappresentanti delle categorie interessate.
Fatta tale premessa di carattere generale il tema di assoluto rilievo, posto dalla epidemia e che forma oggetto della presente riflessione, è quello, non ancora affrontato in giurisprudenza, per quanto mi risulta, dell’applicabilità al contratto di lavoro sportivo professionistico della disciplina civilistica di cui all’art. 1467 c.c. in tema di risoluzione per eccessiva onerosità.
A norma della suddetta disposizione normativa in presenza di contratto che sia ad esecuzione continuata o comunque periodica (o ad esecuzione differita), quando la prestazione di una delle parti diviene eccessivamente onerosa a causa di avvenimenti “straordinari e imprevedibili”, che si sono verificati successivamente all’attivazione del contratto e durante lo svolgimento del relativo rapporto, la parte che è tenuta alla prestazione divenuta eccessivamente onerosa è legittimata a chiedere la risoluzione del contratto, mentre la controparte può evitare la risoluzione offrendo una modifica “equa” delle condizioni contrattuali.
L’attivazione del rimedio di cui all’art. 1467 c.c., dunque, prende le mosse da un oggettivo squilibrio sopravvenuto delle prestazioni caratterizzate da:
– straordinarietà, come ad esempio: guerre, sommosse, cataclismi naturali, pandemie;
– imprevedibilità, ovvero tale da non essere stato neppure preso in considerazione dalle parti del contratto, e comunque con riferimento alle capacità di previsione dell’uomo medio, secondo le conoscenze ed esperienze che è ragionevole attendersi.
Sussistendo i due suddetti requisiti, conseguentemente, ovvero quando una delle prestazioni dedotte in contratto diviene eccessivamente onerosa a seguito di eventi appunto come appena accennato straordinari ed imprevedibili– come indubbiamente sono da ritenersi quelli conseguenti e correlati alla pandemia da Covid-19 – la parte che subisce l’eccessiva onerosità ha la possibilità di richiedere la risoluzione del contratto, permettendo all’altra di evitare la risoluzione, offrendo o accettando una modifica che sostanzialmente sia idonea a riportare ad equità le condizioni contrattuali, neutralizzando, di fatto, gli effetti degli eventi sopravvenuti.
Rileva a questo fine anche la scelta di alcune società di calcio, per esempio, o squadre NBA, che hanno operato una importante riduzione delle retribuzioni degli sportivi professionisti alle proprie dipendenze in ottica di preservare la continuità aziendale (il riferimento è, per esempio, alla Juventus FC S.p.A. che con comunicato del 28 marzo 2020 ha informato dell’accordo raggiunto con i propri dipendenti, per la riduzione dei compensi per un importo pari alle mensilità di marzo, aprile, maggio e giugno 2020 con effetti economici e finanziari positivi per circa 90 milioni di euro sull’esercizio 2019/2020).
 
Sia in Italia che all’estero, dunque, le società si sono attrezzate per ridurre i costi e arginare la crisi economica. Uno degli strumenti usati è la riduzione della retribuzione degli sportivi e dei dirigenti, che però presenterebbe dei limiti se si volesse allargare la misura ad altre categorie di dipendenti con un guadagno molto minore rispetto, ad esempio, a quello di un campione affermato come Lionel Messi.
Apprezzabile e da segnalare l’atteggiamento di alcuni calciatori e/o altri sportivi che, comprendendo la drammaticità -anche economica- del momento, hanno deciso di ridurre o rinunciare volontariamente a parte (anche considerevole) del proprio guadagno per destinarlo all’integrale pagamento dei salari dei dipendenti delle società.
Con riferimento, viceversa, ai contratti di sponsorizzazione sportiva ricordo dapprima come gli stessi siano, per semplificare, dei contratti coi quale una parte (lo sponsor / un’azienda) si obbliga al pagamento di una determinata somma di denaro e alla fornitura di tutto il materiale tecnico necessario per l’attività sportiva del club o del singolo atleta durante una o più stagioni, mentre l’altra parte (lo sponsee, Federazione, club o atleta) si obbliga, dietro cessione dei suoi diritti di immagine a mostrare il logo dello sponsor in qualsiasi momento dell’attività sportiva, nelle gare di campionato, durante gli allenamenti e in altre occasioni ufficiali.
La sponsorizzazione si distingue in tre categorie:
- la sponsorizzazione tecnica, in base alla quale lo sponsor produce e fornisce attrezzature necessarie e idonee per lo svolgimento dell’attività sportiva dello sponsee;
- la sponsorizzazione di settore, in base alla quale lo sponsor fornisce prodotti che possono essere utilizzati nel corso dell’attività sponsorizzata, anche se non sono necessari per lo svolgimento della stessa (ad es. bibite o alimenti energizzanti ecc.);
- la sponsorizzazione extra-settore, in base alla quale lo sponsor si limita a offrire un mero contributo di natura economica allo sponsee, non avendo la sua attività alcuna attinenza con quella sponsorizzata .
Posto quanto sopra, occorre valutare quali conseguenze possano derivare alle diverse tipologie di contratto, dal venir meno della possibilità oggettiva da parte dello sponsee di eseguire la prestazione sportiva cui sarebbe tenuto per contratto.
È quindi opportuno evidenziare come l’impossibilità sopravvenuta della prestazione connessa all’emergenza sanitaria in corso, avrà un impatto maggiore sulle sponsorizzazioni “classiche” di carattere tecnico e/o extra-settore, essendo entrambe strettamente legate all’evento sportivo, rispetto invece alla sponsorizzazione di settore che, in quanto tale, può risiedere anche ad attività “puramente” promozionali da parte dello sponsee.
Queste ultime, infatti, potranno essere eseguite indipendentemente dalla manifestazione sportiva o dal singolo evento sportivo, in quanto i loghi dello sponsor, e/o i suoi prodotti potranno essere comunque “pubblicizzati” dallo sponsee secondo altre modalità, come ad esempio attraverso i  canali TV, social e sui siti e riviste ufficiali e di settore.
A fronte del diverso impatto quali potranno  essere le conseguenze ovvero lo sponsor cosa potrà richiedere:
- una riduzione della sua prestazione dovuta, in considerazione della definitiva impossibilità parziale sopravvenuta, e quindi della riduzione del numero di gare e di altre occasioni ufficiali contrattualmente previste;
- oppure, la risoluzione del contratto, alla condizione però che – si noti bene – sia venuto meno un apprezzabile interesse alla sponsorizzazione stessa, seppure parziale.
Stesso discorso vale per le sponsorizzazioni di settore.
Con riferimento invece a quei contratti di sponsorizzazione soprattutto tecnica nei quali la prestazione dello sponsee può ritenersi totalmente impossibile per effetto della pandemia in corso (si pensi ancora una volta, a mero titolo esemplificativo, agli sponsor legati ai Campionati Europei di calcio oppure alle Olimpiadi di Tokyo 2020 tutte rinviate al prossimo anno), lo sponsor potrebbe chiedere sin da subito la risoluzione del contratto.
E’però interessante rilevare come, nonostante le difficoltà del momento, da un’analisi condotta da European Sponsorship Association (ESA) sia risultato come  il 72% delle aziende sponsorizzatrici desiderino prolungare gli accordi di sponsorizzazione indipendentemente da quanto occorso in seguito all’epidemia da covid-19.
Nonostante l’incertezza creata dalla pandemia e dalla emergenza sanitaria, dunque, quasi tre sponsor su quattro lavorano per estendere gli accordi e trovare nuovi asset per aggiungere valore.
I  club professionistici di ogni sport stanno cercando, comunque, di cautelarsi sotto il profilo dei rapporti economici con i giocatori, visto il perpetuarsi dello stato di incertezza dovuto alla diffusione del Coronavirus. In questo la pallavolo italiana ha fatto scuola con le cosiddette "clausole Covid 19", inserite nei contratti con gli atleti. Un protocollo è stato stilato dalla Fipav insieme alla Lega dei club, che sovraintende ai campionati Super Lega, A2 e A3.
I rappresentanti dei club si sono riuniti più volte in video conferenza per trovare una soluzione che venisse incontro sia alle società che agli atleti. A questi ultimi è stata proposta una riduzione del 25% dell’ingaggio per la stagione conclusasi anzitempo. L’Associazione dei procuratori ha chiesto che il taglio fosse del 10%. Alla fine, nella stragrande maggioranza dei casi, si è raggiunto l’accordo al 20%.
Si è poi pensato al futuro, ovvero alla stagione 2020-’21 che dovrebbe iniziare il 18 ottobre. Come hanno riferito diversi dirigenti e direttori sportivi “… in tutti i contratti sono state inserite delle clausole ad hoc che riguardano il Covid 19 e che prevedono diversi scenari se il campionato non dovesse iniziare, quindi, il contratto si considera concluso e al giocatore viene corrisposto solo il compenso per il periodo della preparazione. In caso di sospensione dell’attività, nulla è dovuto all’atleta, se le restrizioni sono tali da non consentire neppure lo svolgimento degli allenamenti. In caso di cancellazione del torneo il contratto si ritiene risolto da quella data in avanti. Nell’eventualità che il campionato o una parte di esso si disputasse a porte chiuse è previsto un ritocco al ribasso dei contratti nell’ordine del 1 per cento per ogni gara senza pubblico”.
Vi rimando per gli ultimi approfondimenti ad una videointervista che stiamo organizzando con un giornalista sportivo proprio per meglio analizzare altri aspetti che sono stati da me solo sfiorati quali quelli riguardanti i diritti televisivi, la programmazione delle emittenti tematiche sportive e l’organizzazione dei loro palinsesti e quanto altro possa essere ritenuto interessante e/o utile; anzi, a tal fine, Vi invitiamo a volerci inviare richieste e/o domande e/o curiosità da sottoporre al nostro ospite all’indirizzo di posta elettronica dello studio: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it..
 
A presto.
 

Avv. Corrado Demolli

 

 

 

 

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