8 maggio 2020

Quante solo le unità immobiliari ad essere rimaste inutilizzate? Quanti studenti fuori sede sono rientrati nelle loro città abbandonando gli appartamenti presi in locazione? Quanti esercizi commerciali sono rimasti chiusi in forza delle misure adottate a livello nazionale?
Queste sono solo le prime domande che sorgono spontanee.
Le altre, più concrete e sempre più urgenti, riguardano le soluzioni adottate: com’è intervenuto il Governo nei rapporti tra locatore e conduttore?
Ad oggi permane il generale obbligo per il conduttore di adempiere la propria obbligazione; anche perché ad oggi non risultano sospese e tantomeno interrotte le tasse locatizie e immobiliari.
Al di là del generale obbligo di comportarsi secondo buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), ogni caso sarà da valutare in concreto, senza possibilità di generalizzazioni, non essendo ad oggi il locatore costretto a concedere eventuali rinegoziazioni, salvo il caso in cui tale obbligo sia previsto dallo stesso contratto.
L’eventuale accordo di rinegoziazione è incentivato dal Governo in quanto potrà essere registrato gratuitamente (modello 69), e comporterà anche un risparmio d’imposta per il locatore.
Con particolare attenzione alle locazioni commerciali, il lockdown commerciale ha destato molti dubbi in punto di esecuzione dei rapporti pendenti, e, in particolare, con riguardo a una loro temporanea sospensione.
Date le circostanze ci siamo interrogati sulle soluzioni a disposizione del conduttore, obbligato a tenere chiusa la propria attività e obbligato altresì a versare il canone.
Una sospensione del pagamento del canone potrà essere giustificata dall’impossibilità temporanea (art. 1256, co. II, c.c.) di adempiere la propria obbligazione in quanto il lockdown imposto dal Governo potrà valere quale causa di forza maggiore.
Tuttavia, è bene specificare che l’obbligo di pagare il canone non viene comunque meno, essendo solo sospeso, e pertanto il conduttore dovrà adempiere una volta cessato il lockdown.
Si è posta anche la questione che investe lo squilibrio patrimoniale che si è venuto a creare successivamente alla conclusione del contratto e non addebitabile alle parti, e sul punto viene in rilievo la figura della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta prevista dall’art. 1467 c.c.
Questo rimedio consente al conduttore di chiedere la risoluzione del contratto nei casi in esame in cui l’avvenimento straordinario travolge l’equilibrio contrattuale, rendendo l’obbligo di una delle parti più difficile rispetto alla statuizione iniziale.
È fatta salva la facoltà per il proprietario di offrire una modifica del contratto che tenga conto delle mutate condizioni per ripristinare l’equilibrio iniziale.
In tema di locazioni commerciali si pone però anche il problema dell’indennità di avviamento prevista dall’art. 34 L. 392/1978, quale indennità dovuta dal locatore al conduttore al termine delle locazioni aventi ad oggetto attività che comportano rapporti diretti con il pubblico, e corrispondente a 18 mensilità per le attività commerciali e 21 per quelle alberghiere.
Tale indennità è riconosciuta al conduttore sempre che la cessazione del contratto non sia dovuta ad uno dei casi tassativi di cui al suddetto articolo 34: risoluzione per inadempimento, disdetta o recesso del conduttore, fallimento o altra procedura concorsuale.
Un tipico esempio di inadempimento è la morosità, ovvero il mancato pagamento dei canoni.
Posto che l’eccessiva onerosità sopravvenuta non è inclusa tra le ipotesi tassative dell’art. 34 L. 392/1978, in tali casi l’indennità di avviamento potrà essere considerata dovuta.
Il locatore potrà comunque offrire di modificare equamente le condizioni del contratto.
Se la proposta di modifica sarà ritenuta valida dal Giudice, l’eventuale declino del conduttore comporterà che la domanda di risoluzione per eccessiva onerosità venga rigettata e il conduttore potrà, a sua discrezione, pagare il canone ovvero recedere dal contratto (art. 27 L. 392/1978) per gravi motivi, con obbligo di pagare il canone per gli ultimi sei mesi e con perdita dell’indennità da avviamento.
Alla luce di quanto sopra, è chiaro che ogni valutazione sarà rimessa al Giudice in caso di contraesti e quest’ultimo farà appello al generale obbligo di buona fede durante l’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.).
In questa direzione peraltro sembra muoversi anche il legislatore, laddove il D.L. “Cura Italia”, poi convertito dalla L. 27/2020, all’art. 91 prevede espressamente che “Il rispetto delle misure di contenimento ((di cui al presente decreto e' sempre valutato)) ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 ((e 1223 del codice civile)), della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.”
Tale disposizione rappresenterebbe, secondo i primi commenti alla normativa, una particolare tipologia di causa di forza maggiore, consistente nell'adozione da parte dell'Autorità di un provvedimento che esclude la responsabilità per l'inadempimento del debitore, sempre che quest'ultimo abbia agito rispettando i principi di buona fede e diligenza di cui agli artt. 1175 e 1176 c.c.
Tra le misure adottate dal Governo, si segnala l’art. 65 del D.L. “Cura Italia”, poi convertito dalla L. 27/2020, che prevede un credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione (se effettivamente pagato), relativo al mese di marzo 2020, dei soli immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe).
Il legislatore è poi intervenuto nel settore sportivo, con l'art. 95 del D.L. “Cura Italia”, poi convertito dalla L. 27/2020, che ha previsto la sospensione del pagamento dei canoni di locazione fino al 31 maggio.
E i versamenti dei predetti canoni sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un'unica soluzione entro il 30 giugno 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020.
Sostanziale è la differenza nei contratti ad uso abitativo, anche temporanei, in cui si riscontrano maggiori difficoltà nella configurazione di impossibilità sopravvenuta, poiché il bene mediato è disponibile e fruibile e la prestazione è possibile.
Viceversa, verrà maggiormente utilizzato il rimedio della eccessiva onerosità sopravvenuta.
Un’altra soluzione è il recesso per gravi motivi, laddove il Covid-19 rientra tra i gravi motivi per recedere dal contratto.
Tale facoltà gli spetta anche se non è prevista nel contratto di locazione (ove magari è addirittura esclusa).
Prima di concludere, alcuni cenni meritano gli aspetti processuali.
L’art. 103 del D.L. “Cura Italia”, poi convertito dalla L. 27/2020, ha previsto la sospensione fino al 30.06.2020, poi prorogata al 01.09.2020 dalla legge di conversione, dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, sia ad uso abitativo che diverso.
Anche se tale norma dovrebbe riguardare solo le morosità anteriori alla pandemia, per le quali era già stato emesso un provvedimento di rilascio che verrà quindi eseguito solo a settembre, è chiaro che nei prossimi mesi tutti i procedimenti che verranno incardinati subiranno importanti rallentamenti.
Inoltre, il già menzionato art. 91 del D.L. “Cura Italia” avrà riflessi anche sul piano processuale.
La norma, pur non liberando il conduttore dai propri obblighi (anche se questi potrebbe andare esente da responsabilità in caso di inadempimento) e non comportando automatismi di sorta, in un’ottica processuale potrebbe portare il Giudice, in caso di avvio di una causa di sfratto per morosità, a non convalidare lo sfratto (né ad emettere ordinanze provvisorie d rilascio), con conseguente mutamento del rito con obbligo di mediazione civile quale condizione di procedibilità ex art. 5 D.Lgs. n. 28/2010.
 
Avv. Giorgia Colombo
 
 
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