28 aprile 2020
 
Nell’attuale situazione di emergenza il divieto di svolgimento delle assemblee condominiali secondo le modalità ordinarie, nonché le difficoltà inerenti la concreta promozione delle c.d. “teleassemblee”, stanno avendo innegabili riflessi negativi sulla gestione del condominio stesso.
In particolare, si segnala come una delle maggiori criticità si riscontri nel recupero delle somme necessarie per far fronte alle spese inerenti i servizi indispensabili per la vita condominiale, che, di regola, vengono deliberate dall’assemblea mediante l’approvazione del preventivo e del relativo piano rateale.
Ed invero, gas, luce ed acqua sono solo alcuni dei servizi le cui spese, ad onta dell’emergenza sanitaria, continuano a maturare.
E se è vero che fino al 3 maggio p.v. ARERA ha deciso di bloccare tutte le pratiche per morosità nonché di evitare il distacco della fornitura dei clienti inadempienti, nulla toglie che dopo tale data sarà necessario saldare tutti gli arretrati dovuti (salvo, ovviamente, ulteriori proroghe del blocco).
Quali misure possono essere adottate per affrontare tale problematica?
Innanzitutto, inutile dire come si dimostrerà risolutiva la disponibilità e la buona volontà dei condomini, chiamati, in primis, a non approfittare della situazione di emergenza per sospendere la corresponsione delle rate già approvate e, in secondo luogo, a collaborare con l’amministrazione di fronte alle eventuali (e probabili) richieste di pagamento di somme non deliberate dall’assemblea e determinate sulla base delle risultanze dell’ultima gestione ordinaria nonché sulle previsioni di spesa per il futuro immediato.
Laddove tale cooperazione dovesse mancare, si segnala come siano stati sollevati molteplici dubbi in relazione alla possibilità per l’amministratore di agire giudizialmente attraverso l’instaurazione di un procedimento monitorio.
Difatti, l’art. 63, c. 1, disp. att. c.c. dispone chiaramente che, in materia di oneri condominiali, al fine di ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, l’amministratore debba produrre la delibera assembleare che approvi la spesa ed il relativo riparto. Ma laddove la delibera non ci sia, come procedere?
A tale proposito, preme segnalare come trattasi di questione che è già stata affrontata dagli ermellini (Cassazione Civile, sentenza n. 24299/2008), i quali hanno affermato come costituisca un principio basilare e ineliminabile al fine di garantire la corretta gestione del condominio, riconoscere all’amministratore il potere di riscuotere le quote degli oneri in forza di un bilancio preventivo, sino a quando questo non sia sostituito dal consuntivo regolarmente approvato.
Difatti, affermare il contrario - ovverosia ritenere che il preventivo sia azionabile sino a che non sia scaduto l'esercizio cui esso si riferisce -  impedirebbe all’amministrazione di procedere con la riscossione degli oneri, con la conseguente impossibilità di “gestione del condominio - per tutto il tempo intercorrente tra la scadenza dell'esercizio e l'approvazione del consuntivo, periodo che potrebbe ipotizzarsi anche lungo in relazione a molteplici possibili eventi”, tra i quali si può sicuramente annoverare l’impossibilità di svolgimento dell’assemblea a causa del contagio da Covid-19.
Per quanto concerne, invece, la riscossione coattiva delle somme richieste in via emergenziale in assenza di una delibera assembleare, si segnala un’ulteriore pronuncia della Cassazione, che precisa come l’amministratore possa ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo di pagamento dei contributi dovuti “anche in base a prospetti mensili delle spese condominiali non contestati, ma in questo caso non può ottenere la clausola della provvisoria esecuzione” (cfr. Cassazione Civile, sentenza n. 1585/1973).
Difatti, l’obbligo di ciascun condomino di contribuire alle spese condominiali necessarie per la manutenzione ordinaria, per la conservazione, per il godimento delle parti comuni dell'edificio e dei servizi condivisi, sorge nel momento in cui vi è il compimento effettivo di un’attività gestionale nell'interesse comune: “l'obbligo insorge ex lege non appena si compia l'intervento nel nome di un'esigenza collettiva apprezzata dall'organo - l'amministratore - nelle cui attribuzioni rientra erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni (art. 1130, n. 3, c.c.)”; pertanto, “laddove non siano in dubbio l'effettiva erogazione delle spese da parte dell'amministratore e la pertinenza di esse alla gestione ordinaria dell'immobile e dei servizi condominiali”, l’organo amministrativo può agire in giudizio al fine di ottenere l’esecuzione coattiva della prestazione (cfr. Corte d'Appello di Palermo, Sez. II, sentenza del 12/04/2017).
Tale orientamento viene confermato dallo stesso art. 1129, c. 9 c.c., che impone all’amministratore di agire “anche” ai sensi dell’art. 63, c. 1, disp. att. c.c., con la conseguenza che non risulta esclusa la possibilità di avviare il procedimento d’ingiunzione ove non si disponga di un piano di riparto deliberato dai condomini, a condizione, però, che il credito vantato dal condominio risulti connotato da certezza, liquidità ed esigibilità.
Chiarito quanto sopra, si segnala come negli scorsi giorni sia stata presentata un’interrogazione alla Camera dei Deputati che, finalizzata ad incentivare l’adozione di misure che permettano il superamento dei limiti in cui è incorso in tale periodo l’esercizio dell’attività gestionale da parte degli amministratori, comprende, tra le altre, la proposta di elaborare norme ad hoc per i debiti condominiali - tanto nei rapporti interni, quanto in relazione ai debiti verso fornitori - nonché lo snellimento delle procedure di recupero del credito.
 
 
Dott.ssa Mariachiara Ceriani
 
 
 
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