7 maggio 2020

Il Condominio è responsabile per la mancata vendita di un appartamento condominiale ove venga dimostrato che la negativa conclusione dell’affare sia stata determinata da un’omessa opera di urbanizzazione imputabile alla compagine condominiale e incidente sull’abitabilità della stessa unità immobiliare.
Trattasi di un principio che è stato recentemente enunciato dalla Suprema Corte con ordinanza n. 8036/2020.
Gli ermellini sono stati chiamati a pronunciarsi in relazione ad una controversia sorta tra un Condominio e il proprietario di uno degli appartamenti, il quale, vedendo concludersi negativamente la trattativa avviata per la vendita dell’immobile, ha citato in giudizio il Condominio, ritenendolo responsabile dei danni patiti.
Secondo la tesi attorea, il potenziale acquirente avrebbe rinunciato all’acquisto dell’unità immobiliare perché priva del certificato di abitabilità, che non era stato concesso per la condizione di insalubrità dei locali, conseguita a sua volta dalla mancata installazione di un sistema di depurazione condominiale.
Ora, il certificato di abitabilità, denominato dal 2016 segnalazione certificata di agibilità, costituisce documentazione attestante il rispetto dei requisiti minimi di salubrità, igiene, sicurezza e risparmio energetico e il suo ottenimento è posto a carico del venditore dell’immobile destinato ad abitazione.
In assenza, l’unità immobiliare sarà incommerciabile. Difatti, pur non essendo il rilascio del certificato di abitabilità elemento essenziale per la validità della successiva compravendita dell’immobile, tale adempimento è comunque oggetto di uno specifico obbligo del venditore, il cui mancato rispetto implica un inadempimento che non solo può essere fonte di un danno risarcibile, ma che legittima altresì una domanda di risoluzione del contratto.
Chiarito quanto sopra, seppur nel nostro ordinamento non vi sia alcuna norma che vieti di alienare un immobile privo dei requisiti di agibilità, il venditore è responsabile di tale omissione, salvo che l’acquirente dichiari espressamente di esserne a conoscenza. 
Proprio in virtù di tali principi, la Corte di Cassazione nella pronuncia in esame ha riconosciuto che, laddove il mancato rilascio del certificato di agibilità sia determinato da un comportamento omissivo del Condominio, il proprietario dell’immobile in vendita possa pretendere ed ottenere un risarcimento dal Condominio per il danno subito ai sensi dell’art. 2043 c.c., purché venga assolto pienamente l’onere probatorio sullo stesso incombente, dimostrando, in particolare, la sussistenza del nesso causale tra la condotta negligente del Condominio e l’evento dannoso.
Ed è proprio per la mancanza del nesso causale che nel caso sottoposto all’esame degli ermellini la domanda avanzata dal condomino non è stata accolta: dalla documentazione prodotta nel corso del giudizio è difatti emerso come il potenziale acquirente fosse stato costretto a ritirarsi dalle trattative avviate, in quanto la banca non gli aveva concesso il mutuo.
A prescindere dall’esito concreto della controversia in esame, la Cassazione con la sentenza in esame ha espresso un principio chiaro, ritenendo il Condominio responsabile per ogni comportamento omissivo che impedisca alle unità immobiliari di conseguire una condizione – quella di abitabilità – cui avevano diritto.
 
 
Dott.ssa Mariachiara Ceriani
 
 
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