12 maggio 2020 

L’arbitrato, disciplinato dagli artt. 806 ss. c.p.c. come novellati dal d.lgs. n. 40/2006, costituisce uno strumento stragiudiziale e privato di risoluzione delle controversie, facoltativo ed alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria.
A seconda della volontà delle parti, è possibile distinguere due tipologie di arbitrato: da un lato, l’arbitrato c.d. rituale, il quale devolve agli arbitri una funzione giurisdizionale vera e propria e si conclude con un lodo arbitrale avente efficacia di sentenza ai sensi dell’art. 824 bis c.p.c.; dall’altro, l’arbitrato c.d. irrituale, con cui si conferisce agli arbitri un mandato per risolvere una certa controversia mediante atto negoziale.
L’accesso allo strumento in esame di risoluzione stragiudiziale delle controversie, aventi ad oggetto i diritti indisponibili (cfr. art. 806 c.p.c.), è subordinato a un compromesso ovvero a una clausola compromissoria.
Il compromesso è quel contratto con il quale le parti decidono di sottrarre una controversia già insorta alla cognizione del giudice ordinario e deferire la decisione ad uno o più arbitri, mentre la clausola compromissoria consiste in quell’atto negoziale con il quale le parti decidono di sottoporre all’esame di arbitri, in via preventiva ed eventuale, la soluzione di controversie future.
In entrambi i casi è prevista la forma scritta.
Nel caso del Condominio, la clausola compromissoria può essere inserita nel regolamento condominiale.
Ciò vale sia con riguardo al regolamento di condominio c.d. interno, ovvero quello predisposto dai condomini e da essi sottoscritto all’unanimità, sia nel regolamento di condominio c.d. esterno, vale a dire quello redatto dal costruttore dell’immobile e allegato ai rogiti notarili di acquisto.
Costante giurisprudenza di legittimità ritiene che la previsione di siffatta clausola all'interno di un regolamento condominiale sia condizione di procedibilità della domanda.
Pertanto, il condomino interessato a tutelare i propri diritti non potrà rivolgersi direttamente al giudice ordinario, bensì – in via preliminare – dovrà avviare il procedimento arbitrale, pena l’improcedibilità della domanda presentata dinanzi al giudice statale ordinariamente competente.
In altre parole, la predisposizione della clausola compromissoria esclude che il giudice ordinario possa conoscere immediatamente la controversia.
Questa, piuttosto, dovrà essere dapprima sottoposta al vaglio di arbitri, nel tentativo di risolverla in via stragiudiziale.
È altresì posizione giurisprudenziale frequente quella per cui la clausola compromissoria sia da considerarsi valida ancorché non approvata specificatamente per iscritto dall’acquirente di un immobile sito in un condominio, e il cui regolamento predisponga tale clausola.
Invero, per presupporne la conoscenza si ritiene sufficiente che il regolamento condominiale che la preveda sia stato allegato al rogito. Quanto ai poteri dell'amministratore, quest'ultimo può prevedere, in via autonoma, la clausola compromissoria?
Si premette, anzitutto, come la sottoscrizione dell’amministratore condominiale di una clausola compromissoria nell’interesse del condominio costituisca un atto di straordinaria amministrazione.
Dunque, esso eccede il limite fissato al potere rappresentativo dell’amministratore di condominio, ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c.c. Anche gli Ermellini si sono espressi al riguardo, ribadendo il carattere autonomo della clausola compromissoria rispetto al contratto alla quale essa si riferisce.
Ne consegue, pertanto, che il potere di stipularla non possa considerarsi compreso nelle facoltà necessarie per l’espletamento del mandato che il rappresentato abbia conferito al proprio rappresentante; piuttosto, quel potere dovrà essere oggetto di altra e specifica convenzione (cfr. Cassazione civile, Sez. I, 30/08/1995, n. 9162).
Pertanto, l’amministratore – per poter validamente impegnare l’interno condominio al rispetto della clausola compromissoria da lui sottoscritta in via autonoma – dovrà essere espressamente autorizzato in tal senso dall’assemblea condominiale.
In difetto, i condomini potranno richiedere l’annullamento della clausola medesima ai sensi e per gli effetti degli artt. 1133 e 1137 c.c.
 
 
Dott.ssa Maria Tremolada
 
 
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