DDC Studio Legale: news

17 giugno 2020 
 
9 marzo 2020: per l’Italia intera è lockdown.
L’ennesimo decreto chiude e ferma il Paese, ad eccezione dei soli servizi essenziali.
Anche il mercato dell’arte e dell’antiquariato viene travolto dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Gallerie d’arte e case d’aste hanno dovuto totalmente ripensare le modalità di confronto con potenziali acquirenti, non potendo più contare sulla presenza fisica.
Questo drammatico contesto economico, sociale ed emergenziale – i cui postumi sono ancora tutti da valutare – ha manifestato l’improcrastinabile esigenza del mercato dell’arte, così come di tanti altri settori economici, di attuare la digitalizzazione.
Le gallerie d’arte e le case d’asta sono state chiamate a fornire risposte rapide ed efficienti a collezionisti e a semplici appassionati d’arte.
Ma vi è di più.
Il ricorso a piattaforme di e-commerce – prima fra tutte Artprice – per la gestione delle vendite di opere d’arte, ha perfino riscontrato buoni risultati sia sul piano internazionale, sia nazionale.
È un esito del tutto inaspettato se si pensa che nel corso del 2019 il mercato dell’arte ha subito un rallentamento rispetto al 2018.
Nello specifico, Arts Economics ha rilevato come le vendite globali di arte e oggetti d’antiquariato nel 2019 abbiano subito un calo del 5% rispetto all’anno precedente. La diminuzione delle vendite presso le più importanti case d’aste – Sotheby’s e Christie’s – è stato addirittura quantificato al 17%.
Se nel 2018 le vendite di opere con valore di mercato superiore ai 100 mln di $ hanno guidato il mercato dell’arte, facendo sì che si parlasse di sovraperformance dei top prices, nel 2019 il mercato dell’arte si è significativamente ridimensionato anche a causa di questioni economiche e di politica internazionale.
Se a quanto premesso si associa la subentrata emergenza epidemiologica da COVID-19, sarebbe stata impensabile una buona tenuta del mercato dell’arte.
Eppure, talvolta, la realtà supera l’immaginazione: l’accessibilità virtuale alle opere in vendita ha consentito di facilitare gli scambi commerciali, di ampliare la domanda raggiungendo nuovi potenziali acquirenti, anche stranieri, e da ultimo – ma non per importanza – di ridurre notevolmente i costi di organizzazione di mostre ed esposizioni.
Nondimeno, questi nuovi modelli di business hanno sollevato questioni giuridiche.
Quali tutele per gli acquirenti nella contrattazione a distanza?
Sul fronte nazionale, il Codice del Consumo pone in capo ai professionisti del mercato dell’arte stringenti obblighi informativi e di forma a favore dell’acquirente.
Ai sensi dell’art. 49 di tale Codice, il professionista che aliena beni mobili – nel caso di specie opere d’arte – al di fuori dei locali commerciali, deve necessariamente indicare all’acquirente le loro caratteristiche principali; la sua identità nonché l’indirizzo geografico ove è stabilito; il prezzo complessivo dei beni acquistati comprensivo delle imposte; le modalità di pagamento, consegna ed esecuzione della prestazione e la data entro la quale si impegna a far pervenire i beni all’acquirente.
Qualora sussistesse il diritto di recesso, dovranno essere riportate le condizioni, i termini e le procedure per esercitare tale diritto. Se non previsto, invece, il professionista dovrà in ogni caso informare l’acquirente che non beneficerà di un diritto di recesso.
In definitiva, il professionista deve garantire al consumatore che i beni acquistati siano conformi a quelli specificati nel contratto concluso.
È possibile la riproduzione online delle immagini di opere d’arte?
Premesso che il diritto di riproduzione è esclusivo dell’autore dell’opera, ex art. 13 della L. n. 633/1941, per una lecita utilizzazione di un’immagine di un’opera d’arte in un catalogo di mostre o aste è necessaria la preventiva autorizzazione del titolare del diritto.
Difatti, la riproduzione fotografica di un’opera in catalogo – cartaceo o digitale – consiste in una forma di utilizzazione economica dell’opera d’arte medesima.
Tuttavia, in un contesto emergenziale che limita fortemente se non addirittura vieta il contatto tra persone, e pertanto impedisce ad un ipotetico acquirente di recarsi in loco per visionare l’opera in prima persona, la riproduzione dell’opera d’arte per mere finalità conoscitive e descrittive è consentita, in deroga al principio sopramenzionato.
In tal caso, la riproduzione agevola la vendita a distanza dell’opera, scongiurando il totale arresto di un mercato importante e redditizio quale quello dell’arte.
In conclusione, è ragionevole asserire come la digitalizzazione del mercato dell’arte possa realmente contribuire ad una maggior diffusione e condivisione dell’arte stessa – in ogni sua forma – facendo sì che essa possa essere “sperimentata dal più ampio numero possibile di individui” (K. Haring).
In fin dei conti, l’arte è un linguaggio universale.
 
Dott.ssa Maria Tremolada
 
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8 giugno 2020 
 
La tutela degli acquirenti di immobili da costruire, in un primo tempo prevista dal decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, è stata poi rivista ed ampliata dal decreto legislativo 12 gennaio  2019, n. 14.
Le nuove norme sono in vigore dal 16 marzo 2019, e si applicano ai contratti aventi ad oggetto immobili da costruire per i quali il titolo abilitativo edilizio sia stato richiesto o presentato successivamente a tale data (art. 5, comma 1-ter, d.lgs. 122/2005).
La fondamentale novità introdotta dalle nuove norme riguarda l'obbligo di stipulare il contratto preliminare avente per oggetto immobili da costruire con atto pubblico o  scrittura  privata autenticata.
In questo modo il legislatore ha inteso affidare ad un pubblico ufficiale, quale appunto il notaio, il controllo del rispetto delle norme di tutela dell'acquirente, che negli anni precedenti erano state spesso inosservate.
Dal punto di vista soggettivo la tutela si applica quando:
- il venditore   sia  un "costruttore";
- l'acquirente"  sia  una  persona  fisica;  
- l’oggetto  della  vendita   sono gli  "immobili  da  costruire",   ovvero, un immobile per il quali sia stato richiesto il permesso di costruire (o presentato altro  titolo abilitativo edilizio) e che siano ancora da  edificare, o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata essendo in uno stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità; la disciplina di tutela non si applicherebbe, dunque,  quando non risulti essere stato ancora richiesto il titolo abilitativo, e quindi non si applica alla vendita di immobili cosiddetta “sulla carta”; 
- sia stipulato un contratto che possa comportare l'acquisto o comunque il trasferimento non immediato della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire, compreso quindi anche il contratto di leasing.
La legge dispone espressamente che l'acquirente non può rinunciare alle tutele previste dalla normativa, e che pertanto ogni clausola contraria è nulla.
Come accennato la grande novità introdotta dalla normativa in esame riguarda l’obbligo di stipulare il contratto preliminare avente per oggetto un immobile da costruire per atto pubblico o scrittura privata autenticata, e la legge prevede analiticamente le indicazioni che deve contenere, e i documenti che devono essere allegati.
La trascrizione del contratto preliminare
Il contratto preliminare, stipulato, appunto, per atto pubblico o scrittura privata autenticata, deve essere poi trascritto nei registri immobiliari, in modo da valere come una vera e propria “prenotazione” dell'acquisto dell'immobile, poiché la trascrizione lo rende opponibile nei confronti dei terzi.
Grazie alla trascrizione, il promittente acquirente gode, conseguentemente, di una tutela aggiuntiva rispetto alla fideiussione.
A seguito della trascrizione del contratto preliminare, il costruttore non può vendere l'immobile ad altro soggetto, né concedere un'ipoteca sull'immobile, né costituire una servitù passiva o qualsiasi altro diritto pregiudizievole. Gli eventuali creditori del costruttore non possono iscrivere un'ipoteca sull'immobile promesso in vendita, né pignorarlo.
Al momento della stipula del contratto preliminare di compravendita di un immobile da costruire (o, come abbiamo visto, di ogni altro contratto che sia idoneo a comportare il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire), ovvero in un momento precedente, il costruttore è obbligato a procurare il rilascio e a consegnare all'acquirente una fideiussione, di importo corrispondente alle somme (e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo) che il costruttore abbia riscosso e, secondo i termini e le modalità stabilite nel contratto, debba ancora riscuotere dall'acquirente prima del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento.
Il notaio deve verificare la consegna della fideiussione e la sua conformità al modello standard.
La mancanza della fideiussione è espressamente sanzionata con la nullità del contratto, che può essere fatta valere unicamente dall'acquirente (trattasi dunque di nullità relativa).
Soggetti abilitati a rilasciare la fideiussione
La fideiussione  è rilasciata da una banca o da  un'impresa esercente le assicurazioni (art. 3, comma 1, del d.lgs. 122/2005).
E' stata eliminata la possibilità, prevista dalla precedente normativa, che la fideiussione fosse rilasciata da un intermediario finanziario
Cosa deve garantire la fideiussione
La fideiussione deve garantire la restituzione all'acquirente delle somme dallo stesso  effettivamente versate al costruttore:
- nel caso in cui il costruttore incorra in una situazione di crisi prevista dall'art. 3, comma 2, del d.lgs. 122/2005;
- nel caso di inadempimento, da parte  del costruttore, dell'obbligo di  contrarre  e consegnare all'acquirente, all'atto  del  trasferimento  della  proprietà  dell'immobile,  la polizza assicurativa  indennitaria decennale  di cui all'art. 4 del d.lgs.  122/2005.
Quest'ultima previsione è una novità aggiunta dal d.lgs. 14/2019
In mancanza della fideiussione, il contratto preliminare non può essere stipulato.
Qualora il contratto venisse comunque stipulato in mancanza della fideiussione, la legge ne prevede la nullità, che può essere fatta valere unicamente dall'acquirente (nullità relativa).
L'acquirente può dunque scegliere se agire in giudizio per far valere la nullità contratto preliminare, oppure mantenere valido il contratto stipulato, pur in assenza della garanzia fideiussoria, se ritiene di averne maggiore interesse.
La polizza assicurativa indennitaria decennale
Il costruttore è obbligato a contrarre e a consegnare all'acquirente, all'atto del trasferimento della proprietà dell'immobile, una polizza assicurativa indennitaria decennale a beneficio dell'acquirente (art. 4, comma 1, d.lgs. 122/2005).
Il d.lgs. 14/2019 ha introdotto, in caso di violazione di tale obbligo, la sanzione della nullità del contratto, che può essere fatta valere solo dall'acquirente (nullità relativa).
L'atto di trasferimento della proprietà dell'immobile deve contenere la menzione degli estremi identificativi della polizza assicurativa, e della sua conformità al modello standard (art. 4, comma 1-quater, d.lgs. 122/2005).
I danni coperti dalla polizza assicurativa
La polizza assicurativa indennitaria decennale deve avere effetto dalla data di ultimazione dei lavori, e deve coprire i danni materiali e diretti all'immobile, compresi i danni ai terzi, che il costruttore sia tenuto a risarcire ai sensi dell'articolo 1669 del codice civile, derivanti da rovina totale o parziale  oppure  da  gravi  difetti  costruttivi  delle  opere, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, e comunque manifestatisi successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o di assegnazione.
La legge parla genericamente di copertura dei danni, da intendere come copertura totale e non parziale, quindi non pare essere consentita la presenza di clausole che prevedano scoperti o franchigie, che avrebbero l'effetto di ridurre il concreto risarcimento del danno all'acquirente.
In caso di inadempimento da parte del costruttore dell'obbligo di contrarre e consegnare all'acquirente, all'atto del trasferimento della proprietà dell'immobile, la polizza assicurativa indennitaria decennale, l'acquirente che abbia comunicato al costruttore la propria volontà di recedere dal contratto preliminare ha diritto di escutere la fideiussione per ottenere la restituzione delle somme versate al costruttore (art. 4, comma 1-ter, d.lgs. 122/2005).
In tal caso la fideiussione può essere escussa a decorrere dalla data dell'attestazione del notaio di non aver ricevuto, per la data dell'atto di trasferimento della proprietà, la polizza assicurativa conforme al modello standard (art. 3, comma 3, lettera b, d.lgs. 122/2005).
Il d.lgs. 14/2019 ha inoltre previsto la nullità del contratto di trasferimento della proprietà dell'immobile eventualmente stipulato, in caso di violazione dell'obbligo del costruttore di contrarre e consegnare all'acquirente la polizza assicurativa indennitaria decennale.
Per espressa disposizione di legge, la nullità può essere fatta valere solo dall'acquirente, il quale può dunque scegliere se agire in giudizio per far valere la nullità della compravendita, oppure mantenere valido il contratto stipulato, pur in assenza della garanzia assicurativa, se ritiene di averne maggiore interesse.
Si tratta pertanto, anche in questo caso, di nullità relativa.
 
 
Avv. Corrado Demolli
 

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12 giugno 2020

L’articolo 1117 c.c. non indica la piscina tra i beni comuni dell’edificio, con la conseguenza che la sua natura condominiale è da rinvenirsi dall’esame del titolo di acquisto del singolo appartamento o dal regolamento di condominio, che spesso contiene clausole inerenti l’esercizio e il riparto delle relative spese.
In ogni caso, salvo che il titolo disponga diversamente, la piscina si presume bene comune, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità intervenuta in materia, e le spese sono ripartite tra tutti i condomini in base ai millesimi di proprietà.
Con particolare riguardo alle misure di sicurezza adottate dal Governo nei mesi scorsi, l’utilizzo delle piscine è stato impedito, e ciò a prescindere dal fatto che fossero condominiali o meno.
Successivamente, il Dpcm del 17 maggio 2020 ha consentito lo svolgimento “dell’attività sportiva di base e dell’attività motoria in genere anche nelle piscine”, divulgando appositi protocolli di sicurezza, che, nel caso delle piscine, sono stati inseriti nell’allegato 17 “Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome del 16 maggio 2020”.
Nel caso delle piscine, le linee guida precisano che “Le presenti indicazioni si applicano alle piscine pubbliche, alle piscine finalizzate a gioco acquatico e ad uso collettivo inserite in strutture già adibite in via principale ad altre attività ricettive (es. pubblici esercizi, agrituristiche, camping, etc.). Sono escluse le piscine ad usi speciali di cura, di riabilitazione e termale, e quelle alimentate ad acqua di mare.”
Ne consegue, pertanto, come le piscine condominiali non siano espressamente menzionate dal Dpcm.
Ciononostante, è evidente che i medesimi protocolli possano e debbano valere con riguardo alle stesse, laddove sono previste misure di carattere generale pacificamente adattabili alle esigenze dei condomini.
Riporto di seguito per comodità le misure previste.
-  Predisporre una adeguata informazione sulle misure di prevenzione. I frequentatori devono rispettare rigorosamente le indicazioni impartite dagli istruttori e assistenti ai bagnanti. Il gestore dovrà prevedere opportuna segnaletica, incentivando la divulgazione dei messaggi attraverso monitor e/o maxi-schermi, per facilitare la gestione dei flussi e la sensibilizzazione riguardo i comportamenti, mediante adeguata segnaletica.
  -  Potrà essere rilevata la temperatura corporea, impedendo l'accesso in caso di temperatura > 37,5°C.
  -  Divieto di accesso del pubblico alle tribune. Divieto di manifestazioni, eventi, feste e intrattenimenti.
  -  Redigere un programma delle attività il più possibile pianificato in modo da dissuadere eventuali condizioni di aggregazioni e da regolamentare i flussi degli spazi di attesa e nelle varie aree per favorire il rispetto del distanziamento sociale di almeno 1 metro, ad eccezione delle persone che in base alle disposizioni   vigenti   non   siano   soggette   al   distanziamento interpersonale; detto ultimo aspetto afferisce alla responsabilità individuale. Se possibile prevedere percorsi divisi per l'ingresso e l’uscita.
  - Privilegiare l'accesso agli impianti tramite prenotazione e mantenere l’elenco delle presenze per un periodo di 14 giorni.
  - Organizzare gli spazi e le attività nelle aree spogliatoi e docce in modo da assicurare le distanze di almeno 1 metro (ad esempio prevedere postazioni d'uso alternate o separate da apposite barriere).
  - Tutti gli indumenti e oggetti personali devono essere riposti dentro la borsa personale, anche qualora depositati negli appositi armadietti; si raccomanda di non consentire l’uso promiscuo degli armadietti e di mettere a disposizione sacchetti per riporre i propri effetti personali.
  -  Dotare   l’impianto/struttura di dispenser con soluzioni idroalcoliche per l’igiene delle mani dei frequentatori/clienti/ospiti in punti ben visibili all'entrata, prevedendo l’obbligo di frizionarsi le mani già in entrata. Altresì prevedere i dispenser nelle aree di frequente transito, nell'area solarium o in aree strategiche in modo da favorire da parte dei frequentatori l’igiene delle mani
- La densità di affollamento nelle aree solarium e verdi è calcolata con un indice di non meno di 7 mq di superficie di calpestio a persona. La densità di affollamento in vasca è calcolata con un indice di 7 mq di superficie di acqua a persona. Il gestore pertanto è tenuto, in ragione delle aree a disposizioni, a calcolare e a gestire le entrate dei frequentatori nell'impianto.
  - Regolamentare la disposizione delle attrezzature (sedie a sdraio, lettino) attraverso percorsi dedicati in modo da garantire il distanziamento sociale di almeno 1,5 m tra persone non appartenenti
allo stesso nucleo familiare o conviventi.
  - Al fine di assicurare un livello di protezione dall'infezione assicurare l'efficacia della filiera dei trattamenti dell'acqua e il limite del parametro cloro attivo libero in vasca compreso tra 1,0 - 1,5 mg/l; cloro combinato 0,40 mg/l; pH 6.5 - 7.5. Si fa presente che detti limiti devono rigorosamente essere assicurati in presenza di bagnanti. La frequenza dei controlli sul posto dei parametri di cui sopra è non meno di due ore. Dovranno tempestivamente essere adottate tutte le misure di correzione in caso di non conformità, come pure nell’approssimarsi del valore al limite tabellare.
  -  Prima dell'apertura della vasca dovrà essere confermata l’idoneità dell'acqua alla balneazione a seguito dell'effettuazione delle analisi di tipo chimico e microbiologico dei parametri di cui alla tabella A dell'allegato 1 all'Accordo Stato Regioni e PP.AA. 16.01.2003, effettuate da apposito laboratorio. Le analisi di laboratorio dovranno essere ripetute durante tutta l'apertura della piscina al pubblico a cadenza mensile, salvo necessità sopraggiunte, anche a seguito di eventi occorsi in piscina, che possono prevedere una frequenza più ravvicinata.
  - Si rammentano le consuete norme di sicurezza igienica in acqua di piscina: prima di entrare nell’acqua di vasca provvedere ad una accurata doccia saponata su tutto il corpo; è obbligatorio l'uso
della cuffia; è vietato sputare, soffiarsi il naso, urinare in acqua; ai bambini molto piccoli far   indossare i pannolini contenitivi.
  - Regolare e frequente pulizia e disinfezione delle aree comuni, spogliatoi, cabine, docce, servizi igienici, cabine, attrezzature (sdraio, sedie, lettini, incluse attrezzature galleggianti, natanti etc.).
  - Le attrezzature come ad es. lettini, sedie a sdraio, ombrelloni etc. vanno disinfettati ad ogni cambio di persona o nucleo famigliare. Diversamente la sanificazione deve essere garantita ad ogni fine giornata. Evitare l'uso promiscuo di oggetti e biancheria: l’utente dovrà accedere alla piscina munito di tutto l'occorrente.
  -  Le piscine finalizzate a gioco acquatico in virtù della necessità di contrastare la diffusione del virus, vengano convertite in vasche per la balneazione. Qualora il gestore sia in grado di assicurare i requisiti nei termini e nei modi del presente documento, attenzionando il distanziamento sociale, l'indicatore di affollamento in vasca, i limiti dei parametri nell'acqua, sono consentite le vasche torrente, toboga, scivoli morbidi.
  - Per piscine ad uso collettivo inserite in strutture già adibite in via principale ad altre attività ricettive (es. pubblici esercizi, agrituristiche, camping, etc.) valgono le disposizioni del presente documento, opportunamente vagliate e modulate in relazione al contesto, alla tipologia di piscine, all'afflusso clienti, alle altre attività presenti etc.
-  Si raccomanda ai genitori/accompagnatori di avere cura di sorvegliare i bambini per il rispetto del distanziamento e delle norme igienico-comportamentali compatibilmente con il loro grado di autonomia e l’età degli stessi.
- Le vasche che non consentono il rispetto delle indicazioni suesposte per inefficacia dei trattamenti (es. piscine gonfiabili), mantenimento del disinfettante cloro attivo libero, o le distanze devono essere interdette all'uso. Pertanto si suggerisce particolare rigoroso monitoraggio nei confronti delle vasche per bambini.
- Tutte le misure dovranno essere integrate nel documento di autocontrollo in un apposito allegato aggiuntivo dedicato al contrasto dell'infezione da SARS-CoV-2.
Chiarito quanto sopra, segnalo come come molte questioni si siano poste con riguardo all’apertura stessa delle piscine condominiali, ancor prima che con riguardo alle modalità di gestione e utilizzo delle stesse.
Al riguardo, ogni caso andrà valutato in concreto tenendo conto di quanto previsto dal regolamento condominiale, che spesso garantisce diritti minimi di utilizzo, a tutela del diritto di godimento dei singoli condomini, che, per quanto possa essere limitato, non potrà essere del tutto eliminato.
 

Avv. Giorgia Colombo
 

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Incontro informativo online "Condominio e proprietà: una, nessuna e centomila"  
 
12 maggio 2020 ore 17.00 - 18.00    
 
Il nostro Studio è stato invitato a partecipare a un webinar organizzato da UPEL - Unione Provinciale Enti Locali.  
 
Parteciperà come relatore l'avvocato Giorgia Colombo e parlerà del diritto di proprietà: esclusivo sul singolo appartamento (con riferimento anche alle esigenze di comfort emerse in questo periodo in un’ottica di ripensamento delle caratteristiche delle abitazioni in vista di nuovi lavori che potranno essere deliberati dai condomini); esclusivo su eventuali negozi / attività affittate (con riguardo ai problemi legati alle locazioni in tempi di coronavirus); limitato dai diritti degli altri proprietari; comune con riguardo agli spazi comuni e al loro utilizzo.
 
La partecipazione è gratuita per tutti previa registrazione al portale UPEL e iscrizione al webinar.
 

11 giugno 2020

La nostra vita si è improvvisamente fermata all’inizio dello scorso mese di marzo a causa di uno “stop” imposto da qualcosa di invisibile che ci ha costretto a rimanere ciascuno nella propria abitazione.
Da quei giorni “Coronavirus” è diventata la parola, probabilmente, più popolare ed utilizzata nella storia dell’informazione contemporanea, capace di occupare, come avviene nelle “dittature”  i palinsesti di tutti i media.
Televisioni, radio, social e  giornali parlavano e parlano ventiquattr’ore al giorno solo di questa microscopica particella che mina la sicurezza di chiunque in modo assolutamente democratico senza fare distinzioni religiose, politiche, ideologiche o di ceto sociale.
Uscire dalla propria casa oltre che, in un primo tempo vietato, veniva considerato, anche successivamente alle prime “aperture”, quasi un azzardo; tanto basta per comprendere l’enormità di quello che stava succedendo/ è successo.
Le strade erano deserte, l’atmosfera e l’aria più pulite; nessun rumore;  nessun aereo; pochi automezzi quasi tutti legati alla consegna di prodotti alimentari; purtroppo, però, tante, tantissime sirene di ambulanze.
Quando si camminava per strada si era (e per la verità ancora al momento in cui scrivo questo “pezzo”) si è portati a cambiare lato del marciapiede quando si incontra qualcuno, magari tenendo la testa bassa per la vergogna o per la paura… Eh si …perché una delle eredità peggiori di questa epidemia risiede propria nella paura / diffidenza che si è radicata nei confronti del prossimo.
Mi sono mancate tante cose in questo strano inimmaginabile/impensabile periodo; mi è mancato non poter vedere e incontrare le persone care, gli amici, le sere conviviali al ristorante; perché no, sarà banale o superficiale, gli aperitivi e la socialità che ivi si instaura; ma mi è mancata anche, e tanto, la libertà di muovermi; e tanto , tantissimo… lo SPORT!!!!
E, si badi bene, non parlo solo dello sport professionistico e degli eventi di massimo livello: anche se mi riferisco a situazioni definibili senza problemi come “storiche”: pensiamo al differimento del Giro d’Italia, a tornei di tennis quali il Roland Garros ma anche e soprattutto addirittura alle Olimpiadi, che nell’antica Grecia nemmeno le guerre avevano il potere di fermare.
Ogni tentativo di resistenza al nemico invisibile è stato sgretolato dal potere impressionante di quest’ultimo che ha fatto cadere l’ordine prestabilito dei calendari delle manifestazioni sportive, portando con sé, come vedremo, conseguenze anche di ordine contrattuale, economico e commerciale di cui è intriso lo sport professionistico.
Io sono un giurista, un avvocato appassionato di sport; cercherò quindi di evidenziare in due prossimi articoli i problemi che lo stop imposto dalle autorità ha creato dal punto di vista giuridico; in un primo articolo riferirò in ordine alle conseguenze nei confronti dei singoli appassionati o delle associazioni sportive dilettantistiche a causa dei divieti che hanno inciso anche profondamente, come poche altre volte era avvenuto nella storia repubblicana, su diritti e libertà costituzionalmente garantiti.
Poi mi occuperò nel secondo articolo, naturalmente, anche dello sport professionistico con particolare riferimento alle conseguenze in ordine ai contratti tra società sportiva e propri tesserati e/o sponsor;  infine dedicherò qualche riflessione in relazione alle conseguenze ed alle responsabilità contrattuali delle società sportive nei confronti dei propri tifosi abbonati o di chi avesse comprato biglietti per eventi sportivi poi cancellati.
In questo articolo introduttivo, però, vorrei limitarmi ad una riflessione conclusiva di carattere generale sorvolando per un momento sulle problematiche contrattuali o economiche dello sport professionistico.
Vorrei fare riferimento allo sport quello più puro, fatto di milioni di appassionati come me o di ragazzini che sognano di diventare campioni correndo con gli amici dietro una palla.
Perché lo sport, innanzitutto, è di chi lo pratica anche da semplice appassionato.
Lo sport è di chi se ne innamora sin da quando è bambino e continua a viverlo con intensità e passione fino a quando le forze glielo consentono.
Non dimentichiamo mai infatti come lo sport, prima ancora che un affare economico / business sia come ha affermato recentemente uno scrittore “… un sentimento che chi gestisce le federazioni e/o le associazioni dal punto di vista pratico e manageriale dovrebbe onorare per questo motivo prima ancora che per il valore economico che assume quando diventa una professione. Lo sport è rispetto di se stessi, del proprio corpo e dell’avversario. …Lo sport è rispetto dei tempi: quello dell’allenamento e del riposo, della competizione e della contemplazione, della presenza e dell’assenza necessaria per farlo….”
Parafrasando un noto detto si dice che gli inglesi abbiano inventato lo sport ma i sudamericani abbiano inventato L’AMORE PER LO SPORT.
Mi viene in mente, al riguardo e a conferma di quanto sopra riportato, una risposta riferita da qualche commentatore in questi giorni; una risposta  che lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano, grande appassionato di calcio, diede alla domanda postagli da un giornalista: “…come spiegherebbe a un bambino cos’è la felicità?...”
“..Non glielo spiegherei…”, rispose tranquillo e serafico lo scrittore, “.. gli darei un pallone per farlo giocare….”.
Vi lascio dunque con questa “perla” di saggezza, illuminante di quello che lo sport rappresenta per ogni appassionato e Vi do appuntamento ai prossimi due articoli che verteranno sulle problematiche giuridiche e di diritto sopra evidenziate e cercheranno di fornire riflessioni e  spunti di approfondimento dei quali si è parlato troppo poco in questi giorni; secondo me, inspiegabilmente, a fronte del fiume di parole spese in questo periodo.
 
Avv. Corrado Demolli 
 
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3 giugno 2020

La tanto attesa Fase 2 ha avuto ormai inizio: le aziende hanno riaperto, i tavolini di bar e ristoranti sono di nuovo occupati dai clienti, le opere dei musei possono nuovamente essere ammirate dal vivo.
Nonostante la ripresa delle varie attività sembri, pertanto, determinare il definitivo ritorno alla vita quotidiana, alcune circostanze concrete ci ricordano che l’emergenza sanitaria ancora non è superata: a chi non è capitato di essere fermato prima di entrare in un supermercato per il rilevamento della temperatura o di essere chiamato a fornire le proprie informazioni sanitarie?
Poiché tali misure coinvolgono direttamente o indirettamente i dati personali, in particolare quelli sensibilissimi inerenti lo stato di salute, il Garante della Privacy è intervenuto predisponendo alcune chiare e semplici indicazioni volte a garantire un corretto trattamento dei dati personali in gioco, che di seguito brevemente si riassumono:
- Chi può diffondere i dati identificativi delle persone positive al COVID-19 o che sono state poste in isolamento domiciliare?
Nessuno. Difatti, i dati inerenti la salute sono dati sensibilissimi e, in quanto tali, non possono essere oggetto di diffusione, neppure in tale periodo di emergenza.
Pertanto, le aziende sanitarie, le prefetture, i comuni e qualsiasi altro soggetto pubblico o privato non possono diffondere, attraverso siti web o altri canali, i nominativi dei casi accertati di Covid-19 o dei soggetti sottoposti alla misura dell’isolamento per finalità di contenimento della diffusione dell’epidemia.
- Tali dati possono essere comunicati ai concittadini o ai colleghi di lavoro del soggetto positivo?
Nè il Comune nè il datore di lavoro possono rendere note le suddette informazioni.
È compito delle autorità sanitarie competenti informare i “contatti stretti” del contagiato, al fine di attivare le previste misure di profilassi.
In particolare, il datore di lavoro è tenuto a fornire alle istituzioni competenti e alle autorità sanitarie le informazioni necessarie, affinché le stesse possano assolvere ai compiti e alle funzioni previste anche dalla normativa d’emergenza.
Parimenti, è onere del datore di lavoro adottare, in caso di presenza di persona affetta da Covid-19, all’interno dei locali dell’azienda o dell’amministrazione, ogni misura volta a garantire la pulizia e la sanificazione dei locali stessi, da effettuarsi secondo le indicazioni impartite dal Ministero della salute.
- Chi può chiedere informazioni circa gli eventuali contatti avuti con persone positive al COVID-19?
Innanzitutto, tale informazione, così come la rivelazione dell’identità del soggetto positivo con cui si ha avuto contatto, può essere legittimamente richiesta dall’operatore sanitario, durante l’esecuzione di un tampone per COVID-19: difatti, tali dati risultano fondamentali al fine di permettere all’operatore di ricostruire la filiera dei “contatti stretti” del soggetto risultato positivo e, conseguentemente, di determinare le misure di contenimento di contagio più opportune.
Anche il datore di lavoro può, però, richiedere tale informazione: in particolare, in virtù del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro sottoscritto il 14 marzo 2020 - e aggiornato il 24 aprile - fra il Governo e le parti sociali, è possibile richiedere una dichiarazione che attesti tali circostanze altresì a soggetti terzi, quali visitatori e utenti.
In tal caso, però, in virtù dei principi di necessità, adeguatezza e pertinenza che devono connotare il trattamento dei dati personali, il datore non è legittimato a raccogliere informazioni circa l’identità del soggetto positivo.
Si segnala, in aggiunta, come l’Allegato 1 dell’Ordinanza n. 555/2020 di Regione Lombardia imponga agli organizzatori di servizi per l’infanzia e per l’adolescenza l’obbligo di raccogliere le attestazioni inerenti le condizioni di salute tanto del personale, quanto dei minori frequentanti il centro, sulla base di appositi modelli forniti dalla Regione stessa.
- Il datore di lavoro può richiedere l’effettuazione di test sierologici ai propri dipendenti?
Sì, purché non li effettui direttamente e solo se disposti dal medico competente e, in ogni caso, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie, anche in merito all’affidabilità e all’appropriatezza di tali test.
Preme, inoltre, sottolineare come le informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi familiare del lavoratore non possano essere trattate dal datore di lavoro (ad esempio, mediante la consultazione dei referti o degli esiti degli esami), salvi i casi espressamente previsti dalla legge.
Il datore di lavoro può, invece, trattare i dati relativi al giudizio di idoneità del dipendente alla mansione specifica cui era addetto e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente ritiene opportuno prescrivere.
- È possibile conservare i dati delle persone che prenotano l’accesso a determinati servizi?
Sì. Anzi, la citata Ordinanza di Regione Lombardia impone che per la riapertura di determinate attività (in particolare, per i servizi alla persona, quali parrucchieri, estetisti, tatuatori, ...) sia obbligatorio regolare l’accesso attraverso sistemi di prenotazioni, il cui elenco deve essere mantenuto, nel totale rispetto del Regolamento Europeo sulla Protezione dei dati personali, per un periodo di 14 giorni.
 
Dott.ssa Mariachiara Ceriani

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10 giugno 2020 
 
(Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza n. 9143/20; depositata il 19 maggio)
 
Quando una coppia decide di interrompere la propria relazione affettiva, inevitabilmente viene stravolta quella che era la quotidianità di coppia, che si ripercuote sulla prole laddove esistente.
Ai sensi e per gli effetti dell’art. 337 ter c.c. la responsabilità genitoriale di norma viene suddivisa in egual misura tra i genitori i quali sono chiamati ad assumere di comune accordo le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore, tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.
Il principio così consolidato è stato recentemente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione la quale ha stabilito come la capacità dei genitori di educare il proprio figlio debba essere valutata guardando all’interesse superiore del minore, che ha diritto a coltivare il rapporto con entrambi i genitori.
Invero, secondo la Corte di Cassazione dalla disgregazione dell’unione genitoriale non può prescindere comunque il rispetto del principio della bigenitorialità, nel senso che, nonostante le abitudini di vita del singolo genitore, nonché il modo di svolgimento dei propri compiti, non può trascurarsi l’esigenza di assicurare una comune presenza dei genitori nella vita del figlio, poiché idonea a garantire a questi una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi (Ord. Corte Cass n. 9143/2020).
Il brocardo giurisprudenziale sopra riportato si pone quale ottimo spunto di riflessione con riguardo alla situazione emergenziale attuale.
Invero, a seguito del divieto di spostamenti imposto dall’autorità governativa per far fronte all’epidemia Covid19, la giurisprudenza in un primo momento ha propeso per la sospensione delle visite tra genitori non collocatari e figli, dando prevalenza alla tutela della salute dei cittadini italiani.
Una prima significativa apertura si è avuta tramite interpretazione del DPCM del 22.03.2020 con cui sono stati consentiti «gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, … anche da un Comune all’altro. Tali spostamenti dovranno in ogni caso avvenire scegliendo il tragitto più breve e nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario (persone in quarantena, positive, immunodepresse etc.), nonché secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio o, in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori» (come da FAQ presenti sul sito del Governo).
Il DPCM del 26.04.2020 ha poi espressamente previsto gli spostamenti per garantire le visite genitore/figlio all’interno della regione sino al 31.05.2020.
Pertanto, sempre nel rispetto delle disposizioni per la salvaguardia della salute imposte dalle normative vigenti, è bene non comprimere il diritto del figlio ad un rapporto continuativo e di qualità con il genitore non collocatario.
Lo studio rimane a disposizione per ogni ulteriore chiarimento occorresse.

Avv. Dora Ballabio

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3 giugno 2020 

Il 19 maggio 2020 è stato finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale il tanto atteso Decreto Rilancio (Decreto-Legge n. 34/2020).
Quali sono le misure adottate per il settore del turismo, che, insieme alla cultura, è stato tra quelli “più gravemente colpiti sin dagli inizi dell’emergenza coronavirus a causa della significativa contrazione degli arrivi internazionali a cui si sono poi aggiunte le chiusure dovute alle misure di contenimento del contagio” come evidenziato dal ministro Dario Franceschini?
Gli articoli 176 - 182 del Decreto Rilancio contengono il c.d. “Pacchetto Turismo” e ulteriori misure si rinvengono in altre sezioni del decreto.
Di grande interesse si segnalano fin da subito le misure a “Sostegno delle imprese di pubblico esercizio” previste dall’art. 181 del Decreto Rilancio con lo scopo di favorire la ripresa delle attività economiche sospese con il D.P.C.M. del 10 aprile 2020, nonché di garantire il rispetto delle misure di distanziamento connesse all’emergenza da Covid-19, privilegiando i consumi all’esterno.
Trattasi di novità assoluta laddove il Governo ha fornito una risposta immediata e concreta alle esigenze degli operatori del settore, colpiti duramente dal lock-down e chiamati a ripartire nel rispetto di distanziamenti difficili da attuare nella maggior parte dei casi.
La disposizione si rivolge a bar, ristoranti, pizzerie, birrerie, stabilimenti balneari e gelaterie, oltre a tutti gli altri esercizi contemplati dall’art. 5 della legge n. 287/1991, e viene loro in soccorso esonerandoli dal pagamento della tassa di occupazione di spazi e aree pubbliche (Tosap) e del canone di cui all’art. 63 d.lgs. 446/1997 (Cosap) a far data dal 1 maggio e fino al 31 ottobre 2020.
Il ristoro per i Comuni del minor gettito sarà a carico di un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell’Interno, con una dotazione di 127, 5 milioni di euro per l’anno 2020.
Ma vi è di più.
È altresì sospeso sino al 31 ottobre 2020 il regime di autorizzazioni da parte delle soprintendenze con riguardo alla posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico di strutture amovibili, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, ed è disapplicato il termine di 90 giorni entro il quale le opere, non soggette a titolo abilitativo, dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità, dovrebbero essere rimosse.
Unica condizione richiesta è che le suddette opere temporanee siano funzionali all'attività svolta dagli esercizi contemplati dalla norma in commento.
E con particolare riguardo alle modalità?
Assistiamo ad una vera e propria semplificazione.
Sarà difatti sufficiente presentare in via telematica all’ufficio competente dell’Ente Locale una domanda di nuova concessione per l'occupazione di suolo pubblico ovvero di ampliamento delle superfici già concesse, con allegata la sola planimetria, e senza applicazione dell’imposta di bollo di cui al DPR N. 642/1972 (sia per la domanda sia per il provvedimento finale concessorio).
Trattasi di procedura speciale in deroga alle disposizioni statali e regolamentari già adottate dal Comune, attuabile sulla base del combinato disposto della disposizione in esame e dell’art. 264 del Decreto Rilancio che regola nello specifico la materia edilizia.
Rimangono ferme le disposizioni del Codice della strada a garanzia del rispetto delle aree di pubblico passaggio e di transito dei mezzi di soccorso e dei diritti dei terzi.
Quanto all’individuazione delle superfici massime concedibili per le nuove occupazioni ovvero per gli ampliamenti rientranti nel temporaneo ed eccezionale regime autorizzatorio, non è prevista alcuna previsione normativa, con la conseguenza che ogni Comune potrà autodeterminarsi sul punto.
Inoltre, dato il tenore letterale della norma, in caso di già avvenuto pagamento per fattispecie che godono del beneficio, si dovrà procedere al rimborso per il periodo dell’esonero.
Com’è stata accolta la misura in esame dagli operatori del settore?
Le prime risposte sono assolutamente positive, con molte domande non solo già presentate bensì già approvate.
E città come Varese, a titolo esemplificativo, vanno anche oltre il Decreto Rilancio estendendo a ciascuna tipologia di commerciante, non solo quindi a bar e ristoranti, ma altresì negozi di vicinato e para commerciali, la possibilità di occupare suolo pubblico con il proprio dehors senza alcun costo.
Non solo: tra le opzioni oggetto di studio da parte dell’Amministrazione comunale rientra altresì quella dell’occupazione di aree verdi.
In un momento in cui tutti noi abbiamo bisogno di bellezza, una misura di grande incidenza, che aiuterà tutti noi a riappropriarci delle nostre città, alla scoperta di angoli nascosti e con la suggestione di poter cenare in musei a cielo aperto, in molti luoghi che hanno fatto la storia del nostro Paese.
 

Avv. Giorgia Colombo 
 
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9 giugno 2020 
 
Via libera alla sperimentazione dell’app “Immuni”!
L’autorizzazione è arrivata nella giornata del 1º giugno 2020 dallo stesso Garante della Privacy, che, chiamato a pronunciarsi sulla compatibilità del Sistema di allerta Covid-19 con i principi vigenti in materia di protezione dei dati personali, ha giudicato proporzionato il trattamento dei dati che l’app sarà chiamata ad effettuare, richiedendo, però, al Ministero della salute di adottare ed implementare specifiche ed idonee misure di sicurezza.
Il funzionamento dell’applicazione - la cui sperimentazione ha inizio solo in quattro regioni (Puglia, Abruzzo, Marche e Liguria) - si basa sulla tecnologia del Bluetooth, grazie al quale i telefoni di coloro che scaricano l’applicazione diventano in grado di comunicare con i dispositivi delle persone che si trovano nelle immediate vicinanze e che, pertanto, si trovano ad una distanza che rende possibile un eventuale contagio. 
Il “contatto” viene registrato mediante l’invio e la ricezione di un codice anonimo univoco, senza alcun elemento identificativo, che rimane salvato a livello locale sul telefono per quattordici giorni, onde consentire all’app di verificare se, in tale lasso temporale, si verifichino delle corrispondenze tra i codici registrati dal telefono e quelli delle persone contagiate, pubblicati su di un apposito server.
In tal caso, sarà la stessa app ad inviare una notifica al potenziale contagiato, comunicandogli l’esposizione al rischio e rendendo possibile allo stesso di autoisolarsi o di contattare il proprio medico di base, riducendo così il rischio di complicanze.
Orbene, chiarito, seppur in modo semplificato, il meccanismo di funzionamento di “Immuni”, sorgono spontanei i dubbi circa i limiti e le modalità di trattamento dei dati così raccolti.
Il Garante ha, difatti, specificato come, in primis, risulti assolutamente necessaria un’informativa chiara e comprensibile, il cui contenuto venga redatto tenendo conto del fatto che è previsto l’uso del Sistema anche da parte di minori ultra quattordicenni.
A tal fine, viene auspicato l’utilizzo di icone standardizzate che siano in grado di dare, in modo facilmente visibile, intelligibile e chiaramente leggibile, un quadro d’insieme del trattamento previsto.
Stesse considerazioni valgono per il messaggio di allerta; in tal caso, è altresì necessario che gli utenti vengano edotti sul fatto che le suddette notifiche non sempre riflettono un’effettiva situazione di rischio, potendo il contatto essere avvenuto in condizioni caratterizzate da un adeguato grado di protezione.
Inoltre, poiché ad essere trattati sono dati personali che rientrano nella sfera dei dati sanitari e quindi dati sensibili, essi non potranno essere utilizzati se non per la finalità per la quale sono raccolti e per i tempi strettamente necessari: in caso contrario o nell’ipotesi di trattamento degli stessi da parte di soggetti non autorizzati, si configurerebbe un’ipotesi di trattamento di dati personali illecito, eventualmente anche sotto il profilo penale.
Un’attenzione particolare viene poi riservata dal Garante alle misure volte a garantire l’anonimato dei dati raccolti; in particolare, viene evidenziato come il d.l. 28/2020 stabilisca che il trattamento avvenga con pseudonimizzazione, intendendosi con tale termine il risultato di un trattamento di dati personali che non ne consente l’attribuzione a un interessato specifico, se non con l'utilizzo di informazioni aggiuntive: orbene, il Garante chiede al Ministero di individuare chiaramente quali dati debbano venire pseudonomizzati e quali siano, invece, tutte le altre informazioni aggiuntive che comunque l’applicazione raccoglie, così da garantire una netta separazione tra queste due componenti: in assenza di tale dissociazione sarebbe possibile l’identificazione degli interessati.
Il Garante precisa altresì come sia necessario consentire agli utenti dell’app di disattivarla, anche solo temporaneamente, attraverso una funzione facilmente accessibile nella schermata principale, informando di tale facoltà lo stesso utente, con l’utilizzo, anche in tal caso, delle infografiche visualizzate all’atto dell’installazione dell’applicazione stessa.
Orbene, la specificazione delle predette misure è un chiaro segnale dei molteplici potenziali rischi a cui sono evidentemente esposti i dati personali con l’utilizzo dei Sistemi di allerta Covid-19.
È per tale ragione che, sul punto, è altresì intervenuta l’Unione Europea, la quale ha dettato importanti principi cardine, il cui rispetto deve essere garantito dagli Stati che decidono di adottare sistemi tecnologici onde contenere il contagio: tra le diverse misure, emergono il divieto di geolocalizzazione, la garanzia di anonimato, la volontarietà dell’utilizzo dell’app, che il cittadino deve essere libero di scaricare o meno.
Inevitabilmente tale ultimo aspetto inciderà sul successo o meno del Sistema, che potrà fungere da efficace strumento per controllare il diffondersi del Coronavirus solo ove sarà scaricato e utilizzato da una larga parte della popolazione.
Pertanto, sebbene siamo tutti consapevoli e pronti ad accettare che, per via della situazione che ci troviamo a vivere, i nostri diritti subiscano alcune “limitazioni” al fine di tutelare un bene superiore, quale è la salute pubblica, ci auspichiamo che l’adozione delle predette misure da parte del Ministero della salute - nonché l’attenzione di ciascuno di noi nel valutare quanto si scarica sul dispositivo (così da evitare di cadere in trappole di cybercriminali che cercano di sfruttare tale meccanismo per lanciare campagne di phishing, quale quella in cui sono incappate numerose persone qualche giorno fa) - non renda necessario accettare la compressione del nostro diritto di tutela dei dati personali. 
 
Dott.ssa Mariachiara Ceriani
 
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Incontro informativo online "Liti in condominio, possibili soluzioni e utilità/opportunità polizze tutela legale, utilizzo delle piattaforme informatiche per assemblee condominiali in particolare in tempi di emergenza"  
 
05 maggio 2020 ore 17.00 - 18.00    
 
Il nostro Studio è stato invitato a partecipare a un webinar organizzato da UPEL - Unione Provinciale Enti Locali.  
 
Parteciperà come relatore l'avvocato Dora Ballabio e parlerà della litigiosità in ambito condominiale; dei possibili aumenti dei conflitti in seguito alla crisi economica ed alle tensioni sociali causate dal coronavirus; della conseguente opportunità/utilità per il Condominio di dotarsi di una polizza di tutela legale.
Il webinar avrà un taglio pratico e verrà approfondita la possibilità di utilizzare le piattaforme informatiche per la tenuta delle assemblee condominiali in periodi di emergenza.  
 
La partecipazione è gratuita per tutti previa registrazione al portale UPEL e iscrizione al webinar.