23 novembre 2020

In un precedente approfondimento avevo riportato la preoccupazione mia, e di altri operatori del diritto, circa un possibile aumento del contenzioso a causa della pandemia in corso e del conseguente aumento del carico di lavoro dei Tribunali e del relativo arretrato.
Proprio nei giorni scorsi si è avuta notizia di come, dopo alcuni anni di decrescita, nei primi 6 mesi dell’anno in corso, sia tornato a crescere l’arretrato negli uffici giudiziari.
La giustizia, dunque, ha accusato e sta accusando gli effetti della riduzione dell’attività conseguente alla sospensione delle udienze e dei termini processuali previsti nel lockdown della scorsa primavera.
Tale aumento di controversie e di arretrato comporta ricadute sulle famiglie e sulle imprese, nonostante l’impegno da parte degli organismi e soggetti deputati a favorire la parziale prosecuzione dell’attività giudiziaria attuata grazie al processo telematico ed alla possibilità, introdotta con l’emergenza sanitaria, di sostituire le udienze in presenza con lo scambio di note scritte.
La ricaduta cui sopra si accenna comporta non solo maggiori tempi di attesa per la risoluzione delle controversie, e quindi un diffuso malcontento in ordine al funzionamento della macchina della giustizia, ma anche effetti negativi sul mondo dell’economia.
Si tratta di un aspetto spesso trascurato ed al quale raramente siamo portati a pensare, concentrati, come siamo, nel tentativo di voler perseguire l’obiettivo di ottenere giustizia per un nostro diritto ritenuto leso o violato.
Io, però, vorrei evidenziare, attraverso l’esposizione e l’analisi di una serie di dati percentuali e numerici, quali e quante ricadute economiche possa significare la situazione venutasi a creare e mostrare come il rallentamento dell’attività dei Tribunali e la sospensione dei termini durante il primo lockdown abbia colpito a titolo esemplificativo il settore delle aste immobiliari, comparto, a mio parere idoneo a dare concretezza e spunti di approfondimento in ordine alla problematica oggetto della presente esposizione
La pandemia ha fermato, sostanzialmente, le esecuzioni immobiliari: secondo i dati pubblicati da istituti di ricerca specializzati nel primo semestre 2020, infatti, le pubblicazioni delle esecuzioni immobiliari e le relative aggiudicazioni risultano calate in media del 40% rispetto al 2019, con un danno economico stimato attorno al miliardo di euro solo per il periodo del primo lockdown.
Veniamo quindi all’analisi dei dati pubblicati dai predetti analisti sull’argomento.
Nella prima parte del 2020 le esecuzioni sono calate in media del 40% annuo ma, in molti casi, si è andati anche molto oltre. Secondo quanto evidenziato dagli analisti per esempio a Roma e Milano il calo è stato intorno al 47% mentre a Napoli si è andati fino al 51%. Ancora peggiori i dati riguardanti i centri maggiormente colpiti dell’epidemia come Piacenza (-76,6%) e Lodi (-60,4%). Numeri che si spiegano in parte con l’emergenza sanitaria, in parte con le norme del DL Cura Italia, che hanno bloccato i pignoramenti relativamente alle abitazioni adibite a prima casa.
Non solo ma si è ravvisato anche come i tempi medi della giustizia si siano allungati mediamente di 270 giorni attestandosi quindi a circa 1.800 giorni, ovvero approssimativamente circa 5 anni, contro i 4 anni e 3 mesi delle statistiche medie rilevate precedentemente dai medesimi istituti di ricerca. Tale circostanza comporterà evidentemente che gli incassi provenienti dalle esecuzioni giudiziarie saranno posticipati di almeno 270 giorni.
Andando ancora più nello specifico nello scorso mese di settembre, gli analisti hanno rilevato come le aste siano state 13.032, cioè quasi la metà rispetto alle 25.111 dello stesso mese dello scorso anno (-48%). Da luglio a settembre 2020 le aste sono state 19.162, ovvero un numero che rappresenta oltre la metà rispetto a quello dello stesso trimestre del 2019 che indicava 54.212 aste battute (-65%). Il valore complessivo degli immobili posti in asta tra luglio e settembre è stato di 2,7 miliardi nel 2020 contro i 7,2 miliardi segnati nello stesso arco temporale del 2019. Si tratta di un calo che si attesta quindi a - 62%, ovvero più della metà rispetto allo scorso anno.
Tale situazione, già negativa, deve essere poi analizzata unitamente alla crisi economica in corso ed al timore dei cittadini ad investire in ogni settore e, per quel che ci riguarda, anche nell’ambito dell’acquisto di beni immobili all’asta.
Se consideriamo come, in epoca ante Covid, la differenza tra il valore di stima del CTU ed il valore di aggiudicazione fosse mediamente intorno al 54%, si presume che a fronte dei dati e delle circostanze sopra riportate si rischi di arrivare ad un divario del 68%, riducendo ulteriormente i flussi di recupero di importi dalle procedure.
Purtroppo questo secondo periodo di lockdown nelle zone “rosse” non agevolerà di certo la situazione. In alcune città, come per esempio a Milano, in questo momento le visite negli immobili oggetto di esecuzione sono sospese o rinviate.
Posto quanto sopra cosa si può/deve fare per rilanciare il sistema?
Sicuramente incentivare l’uso delle aste telematiche ma, anche, pensare, per gli operatori più evoluti, a soluzione alternative quali, per esempio, gli accordi di saldo e stralcio.
Si calcola come il 32% delle esecuzioni immobiliari abbia la possibilità di trovare un accordo stragiudiziale tra banca e debitore. In alcuni casi l'accordo può essere trovato anche proponendo il bene in vendita su iniziativa del proprietario, utilizzando sia una seria valutazione del bene, sia un consulente immobiliare che ne analizzi e comprenda i volumi debitori nonché sia in grado di attivarsi al fine di giungere ad un accordo di chiusura che porti alla vendita del bene in tempi inferiori rispetto a quelli della giustizia.
Il problema dunque è serio ed i numeri, solo in questo settore che ho preso come esempio, sono, come abbiamo visto, enormi.
D’altronde come ha ricordato un analista finanziario nei giorni scorsi “… I vari Dpcm approvati e convertiti in legge dall'esplosione della pandemia, hanno cercato di puntellare il sistema economico nazionale, che si è trovato ad affrontare una situazione difficile e inedita, ma con scarsi strumenti di politica economica veramente efficaci”.

Avv. Corrado Demolli

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