17 giugno 2020 
 
9 marzo 2020: per l’Italia intera è lockdown.
L’ennesimo decreto chiude e ferma il Paese, ad eccezione dei soli servizi essenziali.
Anche il mercato dell’arte e dell’antiquariato viene travolto dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Gallerie d’arte e case d’aste hanno dovuto totalmente ripensare le modalità di confronto con potenziali acquirenti, non potendo più contare sulla presenza fisica.
Questo drammatico contesto economico, sociale ed emergenziale – i cui postumi sono ancora tutti da valutare – ha manifestato l’improcrastinabile esigenza del mercato dell’arte, così come di tanti altri settori economici, di attuare la digitalizzazione.
Le gallerie d’arte e le case d’asta sono state chiamate a fornire risposte rapide ed efficienti a collezionisti e a semplici appassionati d’arte.
Ma vi è di più.
Il ricorso a piattaforme di e-commerce – prima fra tutte Artprice – per la gestione delle vendite di opere d’arte, ha perfino riscontrato buoni risultati sia sul piano internazionale, sia nazionale.
È un esito del tutto inaspettato se si pensa che nel corso del 2019 il mercato dell’arte ha subito un rallentamento rispetto al 2018.
Nello specifico, Arts Economics ha rilevato come le vendite globali di arte e oggetti d’antiquariato nel 2019 abbiano subito un calo del 5% rispetto all’anno precedente. La diminuzione delle vendite presso le più importanti case d’aste – Sotheby’s e Christie’s – è stato addirittura quantificato al 17%.
Se nel 2018 le vendite di opere con valore di mercato superiore ai 100 mln di $ hanno guidato il mercato dell’arte, facendo sì che si parlasse di sovraperformance dei top prices, nel 2019 il mercato dell’arte si è significativamente ridimensionato anche a causa di questioni economiche e di politica internazionale.
Se a quanto premesso si associa la subentrata emergenza epidemiologica da COVID-19, sarebbe stata impensabile una buona tenuta del mercato dell’arte.
Eppure, talvolta, la realtà supera l’immaginazione: l’accessibilità virtuale alle opere in vendita ha consentito di facilitare gli scambi commerciali, di ampliare la domanda raggiungendo nuovi potenziali acquirenti, anche stranieri, e da ultimo – ma non per importanza – di ridurre notevolmente i costi di organizzazione di mostre ed esposizioni.
Nondimeno, questi nuovi modelli di business hanno sollevato questioni giuridiche.
Quali tutele per gli acquirenti nella contrattazione a distanza?
Sul fronte nazionale, il Codice del Consumo pone in capo ai professionisti del mercato dell’arte stringenti obblighi informativi e di forma a favore dell’acquirente.
Ai sensi dell’art. 49 di tale Codice, il professionista che aliena beni mobili – nel caso di specie opere d’arte – al di fuori dei locali commerciali, deve necessariamente indicare all’acquirente le loro caratteristiche principali; la sua identità nonché l’indirizzo geografico ove è stabilito; il prezzo complessivo dei beni acquistati comprensivo delle imposte; le modalità di pagamento, consegna ed esecuzione della prestazione e la data entro la quale si impegna a far pervenire i beni all’acquirente.
Qualora sussistesse il diritto di recesso, dovranno essere riportate le condizioni, i termini e le procedure per esercitare tale diritto. Se non previsto, invece, il professionista dovrà in ogni caso informare l’acquirente che non beneficerà di un diritto di recesso.
In definitiva, il professionista deve garantire al consumatore che i beni acquistati siano conformi a quelli specificati nel contratto concluso.
È possibile la riproduzione online delle immagini di opere d’arte?
Premesso che il diritto di riproduzione è esclusivo dell’autore dell’opera, ex art. 13 della L. n. 633/1941, per una lecita utilizzazione di un’immagine di un’opera d’arte in un catalogo di mostre o aste è necessaria la preventiva autorizzazione del titolare del diritto.
Difatti, la riproduzione fotografica di un’opera in catalogo – cartaceo o digitale – consiste in una forma di utilizzazione economica dell’opera d’arte medesima.
Tuttavia, in un contesto emergenziale che limita fortemente se non addirittura vieta il contatto tra persone, e pertanto impedisce ad un ipotetico acquirente di recarsi in loco per visionare l’opera in prima persona, la riproduzione dell’opera d’arte per mere finalità conoscitive e descrittive è consentita, in deroga al principio sopramenzionato.
In tal caso, la riproduzione agevola la vendita a distanza dell’opera, scongiurando il totale arresto di un mercato importante e redditizio quale quello dell’arte.
In conclusione, è ragionevole asserire come la digitalizzazione del mercato dell’arte possa realmente contribuire ad una maggior diffusione e condivisione dell’arte stessa – in ogni sua forma – facendo sì che essa possa essere “sperimentata dal più ampio numero possibile di individui” (K. Haring).
In fin dei conti, l’arte è un linguaggio universale.
 
Dott.ssa Maria Tremolada
 
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